Questa recensione è talmente in ritardo che ormai potrebbe non fottervene più un beneamato, però oh, eh, non stressate...
Nicolas Winding Refn è uno forte. Uno di quelli che indubbiamente il cinema lo respira e ce l'ha nel sangue. Quando esci dalla visione di Bronson pensi "Beh ma allora Sorrentino non è l'unico virtuoso visionario in circolazione, c'è pure Nick!" In più lui è interessato a queste storie di violenza, un po' noir un po' malsane... Così, normale che Hollywood pensasse "perché no?" e lo reclutasse. E allora ecco il nuovo film di Refn: Drive, con la star in ascesa Ryan Gosling. Ed è stata proprio la suddetta star in ascesa ad allungargli il copione scritto da Hossein Amini (sceneggiatore in ascesa) tratto dal romanzo di James Sallis.
Nicolas Winding Refn è uno forte. Uno di quelli che indubbiamente il cinema lo respira e ce l'ha nel sangue. Quando esci dalla visione di Bronson pensi "Beh ma allora Sorrentino non è l'unico virtuoso visionario in circolazione, c'è pure Nick!" In più lui è interessato a queste storie di violenza, un po' noir un po' malsane... Così, normale che Hollywood pensasse "perché no?" e lo reclutasse. E allora ecco il nuovo film di Refn: Drive, con la star in ascesa Ryan Gosling. Ed è stata proprio la suddetta star in ascesa ad allungargli il copione scritto da Hossein Amini (sceneggiatore in ascesa) tratto dal romanzo di James Sallis.
Ora, se ne possono dire tantissime su Drive. Lo stesso Refn ha dichiarato che è un omaggio a Jodorowsky, che si è ispirato a questo e quel film, Steve McQueen, il noir degli anni '70, eccetera eccetera.
Io dico che sì, ci siamo, però è solo un mezzo centro, e pure abbastanza preoccupante. In primis perché Refn si porta dietro la fama di autorone e invece ha subito accettato questo lavoro su commissione, che non ci sarebbe poi niente di male, solo che QUESTO lavoro su commissione, era praticamente quello che i francesi chiamano "una merda".
La sceneggiatura fa pena, amici, senza tirare fuori la banalità delle situazioni (robe che abbiamo già visto, rivisto e stravisto, tutte su Italia Uno, tra l'altro), il modo in cui l'ambiente mafioso è rappresentato è semplicemente ebete. Una volta, quando qualcuno scriveva di criminalità si informava un minimo, invece ora tutti quelli che hanno visto una puntata dei Soprano sono in grado di popolarvi qualsivoglia film schierando dei pizzaioli in tuta da ginnastica, dotati di un'aura simpatica e goffamente italiana, ma capaci di grandi efferatezze. Cioè, se uno si dà la briga di costruire un protagonista che è un vero duro, un figo, che parla poco e tutto il resto, dovrebbe considerare di non mettergli contro pulcinella, oppure l'intero sistema crolla.
È ancora da capire se Ron Perlman sia un bravo attore, oltre un tizio dalla corporatura interessante, Albert Brooks lo è abbastanza, ma è proprio il loro ruolo che viene a mancare, come già accadeva in Ghost Dog di Jarmusch, anche se in misura minore. È come se per tutto il film aleggiasse una sorta di umorismo tarantiniano, cosa che Refn ha bellamente ignorato (giustamente) per fare un film noir che non fosse finalmente tarantiniano. E infatti bravo, qui te lo dico, bravo Nicolas. Perché hai preso in mano questa roba disastrata e ne hai tirato fuori un bel film, non straordinario eh, ma carino sì, toh, prendi 'sti dieci euro e portaci a cena la simpatia...
Il caro Refn merita il premio della regia di Cannes che ha sul camino, perché fino a un certo punto dici veramente "wow". La prima scena è un grande lavoro di montaggio, musica, ritmo e inquadrature, tutto volto a creare una solida suspense senza giocarsi troppe carte. Poi il film sale, cresce, c'è quell'altra scena della rapina che ti fa saltare, ti copri la bocca e ti preoccupi come una mamma. Poi sali ancora e ancora, fino alla scena dell'ascensore, bellissima, un po' strana ma suggestiva. Da lì il film finisce in stallo, Refn crede di poter continuare come nella prima parte in eterno, non ha l'arte della seconda parte, non ce l'aveva nemmeno Bronson. Tira lunga ogni scena, tu ti stanchi di non vedere niente a parte un inutile rallenti, cominci a odiare i maledetti intermezzi videoclippari che costruisce con le sue amate musiche. Dici "Sì, bello un sacco, però finiamola magari"
E allora lui, lentamente, ti porta alla fine, e scopri che non è un granché, perché la sua grande regia deve comunque piegarsi alla sceneggiatura.
Poi cos'altro? Ah sì, il film si chiama Drive ma in generale guida di più un milanese imbottigliato nel traffico rispetto all'attore in ascesa Ryan Gosling. Lui fa il meccanico, il pilota in pista, lo stuntman e l'autista per rapinatori, ma ognuna di queste sue attività si vede per una o due brevissime scene. Inseguimenti, dite? Uno. Scene madri legate alle automobili? No.
Allora WTF?
Refn, fai l'autorone quanto ti pare, ma se è un film d'azione magari qualche azione devono compierla. C'è il sangue sì, ma chissene a un certo punto. Fai la filosofia sulla violenza ma non sei capace, te lo dico io. Ed è un vero peccato, perché c'erano delle cose belle. Carey Mulligan ad esempio, sempre carina e a modino, e il personaggio dell'attore in ascesa Gosling era interessante. C'era questo sentore di follia che aleggiava in lui, nei suoi scoppi d'ira, nel suo modo di approcciarsi agli altri, soprattutto nel suo giubbotto (e stavolta non scherzo). C'era la musica di Cliff Martinez che era buona e giusta, mentre tu (Refn) riproponi sempre le tue canzoni anni '80 che connotavano molto bene Bronson, e facevano pensare a una scelta geniale, mentre poi si scopre che le infili a prescindere in ogni film, tanto per. C'erano tante cose che si potevano fare, invece è venuta fuori una roba vecchia, che, stringendo, non ha nulla da dire.
Insomma, alcuni in giro vedono un capolavoro in Drive, ma io sospetto che la gente oggi si gasi (e si sgasi) per molto poco. Io ci vedo piuttosto una casa costruita male, con le fondamenta storte, uscita sbilenca ma con un tetto bellissimo.
Un film per soli uomini |
È ancora da capire se Ron Perlman sia un bravo attore, oltre un tizio dalla corporatura interessante, Albert Brooks lo è abbastanza, ma è proprio il loro ruolo che viene a mancare, come già accadeva in Ghost Dog di Jarmusch, anche se in misura minore. È come se per tutto il film aleggiasse una sorta di umorismo tarantiniano, cosa che Refn ha bellamente ignorato (giustamente) per fare un film noir che non fosse finalmente tarantiniano. E infatti bravo, qui te lo dico, bravo Nicolas. Perché hai preso in mano questa roba disastrata e ne hai tirato fuori un bel film, non straordinario eh, ma carino sì, toh, prendi 'sti dieci euro e portaci a cena la simpatia...
Voglia di tenerezza |
E allora lui, lentamente, ti porta alla fine, e scopri che non è un granché, perché la sua grande regia deve comunque piegarsi alla sceneggiatura.
Poi cos'altro? Ah sì, il film si chiama Drive ma in generale guida di più un milanese imbottigliato nel traffico rispetto all'attore in ascesa Ryan Gosling. Lui fa il meccanico, il pilota in pista, lo stuntman e l'autista per rapinatori, ma ognuna di queste sue attività si vede per una o due brevissime scene. Inseguimenti, dite? Uno. Scene madri legate alle automobili? No.
Allora WTF?
Ryan, dovresti baciare Carey Mulligan, sai...
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Insomma, alcuni in giro vedono un capolavoro in Drive, ma io sospetto che la gente oggi si gasi (e si sgasi) per molto poco. Io ci vedo piuttosto una casa costruita male, con le fondamenta storte, uscita sbilenca ma con un tetto bellissimo.
Ryan? Ryan? Ry... |
a fine lettura poco ci è mancato che limonassi l'anziano in coda dal carrefour
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