domenica 18 dicembre 2011

This Must Be The Place

Ancora il ripescaggio di una roba ormai un po' vecchiotta. Però a capodanno bisogna dar via la roba vecchia, ah!
(Come? Non è Capodanno? ehm....)


La locandina più bella del mondo.
Se Paolo Sorrentino fosse un attore sarebbe probabilmente un caratterista, una macchietta. Uno di quei personaggi di contorno, un po’ strani, che finirebbero per essere comprimari del protagonista. Invece Paolo Sorrentino è un regista, e può permettersi di dedicare film interi a questi mostri che tanto lo affascinano.
A proposito di fascino, in occasione del Festival di Cannes 2008, quando Il Divo passò sotto gli occhi del presidente di giuria Sean Penn, Sorrentino parlò del loro incontro, dichiarando che sebbene fosse un maschio, non era stato facile resistere al magnetismo dell’attore. A sua volta, l’interprete californiano, impressionato da quella pellicola, manifestò di voler lavorare con lui a qualsiasi costo. Ma se la teoria iniziale è vera, Penn era troppo attraente per fare il mostro. Perciò il regista napoletano è dovuto ricorrere ancora una volta al trucco, sia cosmetico che dei costumi, sull’onda dei suoi precedenti personaggi Andreotti e Geremia de’ Geremei.
Sean Penn è stato così calato nei panni di un ipotetico Robert Smith, del tutto privo però del lato oscuro dei Cure. Caratterialmente il suo Cheyenne è forse più simile a un (im)maturo Michael Jackson, con il cervello fulminato dalle droghe di Ozzy Osbourne. Un punk in pensione, sereno e domiciliato nella quieta Irlanda. Amico non di tatuati ribelli del rock, ma di un raffinato musicista come David Byrne. La presenza di quest’ultimo si spiega sostanzialmente con la scelta della sua canzone This Must Be The Place, non solo come titolo del film, ma proprio quale ispirazione tematica. In quei versi i Talking Heads dicono “Casa è dove voglio essere, ma credo di esserci già” “Ho un sacco di tempo” “Mi piace lo scorrere del tempo, mai per soldi, sempre per amore” “Sono solo un animale in cerca di una casa, condividiamo lo stesso spazio per un minuto o due”.

Cheyenne non è altro che un insolito pensionato, vittima della noia, passeggero di una vita alla deriva. Un uomo che trascorre i suoi giorni insoddisfatto, ma incapace di cambiare. Sean Penn rende questo stato di depressione riducendo al minimo i movimenti, apparendo costantemente come spettatore esterno degli eventi che lo coinvolgono. Come tutti gli uomini afflitti dalla solitudine, Penn non parla e non fa molto, il più delle volte limitandosi a reagire se interpellato.
Quello nascosto dalla cinepresa forse è Luca Bigazzi
Il suo personaggio ha un lungo passato di eccessi che lo condiziona, simboleggiato dall’inseparabile trolley che porta con sé, ma è contraddistinto anche da una sorta di candore infantile, per cui non fuma e non beve nient’altro che una strana bibita gialla, simile a un succo di frutta. Deambula lentamente, non lo vediamo quasi mai mangiare, parla mantenendo una postura immobile, e per lo più i suoi comportamenti sono caratterizzati dalla ciclicità. Calza gli occhiali per leggere, soffia via costantemente un ciuffo di capelli ribelle, e libera sempre la stessa risatina stridula. L’abitudine e la ripetitività sono componenti fondamentali della sua vita, testimoniate anche dai giochi e dagli hobby che lo legano a sua moglie.
Penn accompagna le sue movenze a un uso altrettanto rallentato della voce, perennemente in falsetto, simile al modo in cui rendeva il ritardo mentale di Sam Dawson nel film Mi chiamo Sam del 2001. Per tutto il suo viaggio attraverso l’America, alla ricerca del gerarca nazista che umiliò suo padre in un campo di concentramento, Cheyenne/Penn sembra più un turista che un uomo affamato di vendetta. In gran parte del tempo si limita a osservare, senza prendere parte nemmeno agli eventi più insoliti. È un bravo ascoltatore, vive la vita del tedesco semplicemente parlando con quelli che gli sono vicini, arrivando a conoscerlo perfino meglio di quanto non abbia fatto con suo padre.
A sinistra Umberto Contarello, l'altro dimenticato
sceneggiatore del film. In centro Eve Hewson, la figlia di
Bono (sì lo sappiamo, abbello!). A destra Cheyenne dopo
la cura liberatoria di aver umiliato un nazista.
In un’altra intervista Penn ha chiarito la natura del suo rapporto con Sorrentino, specificando di essere soltanto una tela su cui lui può dipingere. Difficile perciò stabilire dove finiscano o inizino le influenze di uno o dell’altro nella costruzione del personaggio. Ciò che è certo, è che in qualità di prestigioso regista oltre che interprete, l’attore americano assicura in questo modo la sua totale disponibilità nei confronti dell’autore, annullando il proprio status di divo. Tecnicamente il corpo di Penn diventa uno degli elementi compositivi dell’inquadratura. I quadri in (eccessivo) movimento di Sorrentino lo utilizzano per caratterizzare le immagini, per costruirle. Cheyenne è sempre inserito nel paesaggio, ed è con il suo costume e le sue atipiche movenze che riesce a fuoriuscirne, come una stonatura. Metaforicamente, Cheyenne è prigioniero di una sorta d’immobilità auto imposta, sia all’interno della sua storia e della sua personalità, sia all’interno del linguaggio del film. Ed è in impercettibili variazioni nella sua personalità, come una maggiore apertura verso gli altri e una minore paura nei confronti della vita, che la ricerca di vendetta si trasforma nel più classico viaggio di formazione.
-WTF?
-Che cazz'è?
Al termine, il suo ritorno in Irlanda ci dice che quello dev’essere il posto, che non era necessario girare l’America per sentirsi a casa. Cresciuto e spogliato delle sue paure e della sua maschera, Cheyenne appare come un comunissimo uomo di mezza età, in abiti borghesi e acconciatura rispettabile. La normalità come traguardo, anche se un’altra delle teorie su questo misterioso finale è che quello sia in realtà proprio Sean Penn, suggerendo un sofisticato gioco sull’attore.
In ogni caso, è la prima volta che uno dei mostri di Sorrentino approda a un lieto fine, forse proprio soltanto perché questa è una commedia.


Lo so, ho detto tutto e niente. Un po' come fa questo film.

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