martedì 11 gennaio 2011

Tamara Drewe

In un paesino dell'entroterra inglese, nella contea di Dorset, si trova una piccola comunità che ha la particolarità di essere il raduno estivo di vari scrittori in cerca di un luogo tranquillo dove dedicarsi alle proprie opere. Come se non bastassero i problemi (principalmente d'infedeltà e creatività) che affliggono queste singolari forme di vita, un giorno compare sulla scena Tamara Drewe, una giovane e bella giornalista londinese cresciuta lì, tornata per occuparsi della casa dei suoi genitori in seguito alla morte di sua madre. La ragazza, assai cambiata, ritrova qui delle vecchie conoscenze, ma la sua presenza (sexy) finirà con il generare un vero e proprio scompiglio.


Questa la trama di base, contenuta nel fumetto del 2007 della sessantaquattrenne Posy Simmonds (vi va di leggerlo in lingua originale? opplà), serializzato sul Guardian e raccolto in un volume (che perciò viene definito Graphic Novel... bah) pubblicato in Italia dalle Edizioni Nottetempo. In realtà sarebbe una rilettura moderna e divertita del romanzo Via dalla pazza folla di Thomas Hardy, un tipo di operazione già tentata dalla Simmonds nel suo precedente Gemma Bovary, tratto dal romanzo di Flaubert (indovinate quale).
Ordunque, cos'ha visto di particolare Stephen Frears in questa vicenda da volerla portare al cinema? Niente di che: divertimento, arguzia, una storia accattivante e soprattutto fresca, non tanto nei contenuti quanto nei modi. Nei mezzi espressivi del fumetto ha scoperto nuove soluzioni, nuovi stimoli visivi e narrativi da poter analizzare. Perché si sa, ormai le storie si ripetono sempre uguali, e tutto ciò che le differenzia, e spesso le rende di nuovo interessanti, è proprio il modo di raccontarle.
E Frears è nato per fare cinema, lo respira, lo parla, ingloba qualsiasi mezzo espressivo nelle sue maglie, non è in grado di pensare alla realtà in altro modo. Si esprime attraverso splendide inquadrature, incasellate a favore dello spettatore, non di sé stesso o della propria filosofia. La sua vocazione è la regia, non scrive e non s'immischia in altri ambiti produttivi, ama raccontare qualsiasi cosa che secondo lui lo meriti. E la sua versatilità qui si riconferma, oltre che nella varietà dei temi, anche in quella stilistica. Dopo Le Relazioni PericoloseThe Queen e Chéri, aristocratici e sontuosi come i contesti in cui sono ambientati, in questo film manifesta l'energia di un regista ventenne, esordiente, molto meno raffinato. Dopo i vini la gazzosa quindi, spruzzata in faccia con irriverenza in un film giovane, sboccato, persino sgarbato. Le vicende che coinvolgono Tamara e quelli che le gravitano intorno scorrono parallele a ritmo sostenuto, senza amore o indulgenza per i personaggi. Si parla (impietosamente) di scrittura e romanzieri, della noia della vita di campagna, della follia del fanatismo e delle ambizioni, di sogni che scalpitano per uscire dal cassetto, passioni e pulsioni sessuali, ricordi, e caos d'amore. Tutto il cast, non solo la lanciatissima Gemma Arterton, brilla in interpretazioni perfette. I frammenti si succedono senza pausa o possibilità di riflessione, si accumulano nella nostra mente per tornare a galla, in modo automatico e collaudato, quando necessario. Il montaggio di Mick Audsley spezza le sequenze rilanciando costantemente la nostra attenzione.
La musica di Alexandre Desplat, uno dei migliori compositori di colonne sonore oggi in circolazione, varia qualsiasi registro, dalla musica classica al rock, concorrendo a tenere sempre vivo l'interesse dello spettatore in una vicenda fatta quasi esclusivamente di dialoghi. Ma non è un'impresa difficile, perché quella di Moira Buffini è la sceneggiatura non originale meglio scritta che mi capita d'incontrare da parecchio tempo. Ci sono snodi e colpi di scena impossibili da prevedere, e tutta la parte finale ricorda le invenzioni dell'ultimo Woody Allen.
Tamara Drewe è divertente, è sorprendente, è una commedia, è un dramma... è un'esperienza.
Qui sotto trovate il trailer misto ad un'intervista al regista, invece potete andare qui se volete farvi due risate con l'incompetenza dei giornalisti italiani.


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