domenica 16 gennaio 2011

Toccare il fondo

La carrellata sui mostri non è ancora finita, ne ho tenuto da parte uno, del tutto anomalo. 
Rock Bottom è una graphic novel (stavolta è giusto usare tale definizione, anche se fumetto va sempre benissimo) uscita qualche tempo fa per le Edizioni Bottero. Questa la sinossi ufficiale: "Mentre la sua vita va a pezzi, Tommy Dare si accorge che gli sta accadendo qualcosa di strano: ha sempre più difficoltà a muoversi. Niente di grave, all’inizio, tranne qualche complicazione a suonare il piano. Ma dopo pochi giorni la realtà dei fatti gli si pone davanti drammaticamente: Tommy si sta lentamente trasformando in pietra. Ma questa storia non parla di Ben Grimm. Tommy non diventa un super-eroe, ma lentamente si avvicina alla morte mentre il suo corpo si pietrifica, senza neanche il conforto degli affetti familiari (sta divorziando dalla moglie) o di un rapporto sentimentale stabile. Solo il suo avvocato Fred e il medico che lo cura, il Dr. Bledsoe, gli stanno accanto mentre lotta contro il tempo per correggere gli errori fatti nella sua vita passata. Ma il tempo stringe, e l’unica via di fuga per Tommy sono i sogni...
Joe Casey (Uncanny X-Men, Wildcats 3.0, Adventures of Superman) e Charlie Adlard (The Walking Dead, Judge Dredd) hanno preso uno spunto classico dei comics americani, sfruttato non solo da Stan Lee ma anche da Paul Chadwick con Concrete, realizzando un’opera intimistica sul viaggio di un uomo verso la morte."

Bene, direi che a questo punto ho ben poco da aggiungere. In 122 pagine i due autori fanno stare alla perfezione questa veloce discesa verso una fine annunciata. Perché il diventare di pietra non è l'elemento principale della storia, che è invece tutta una grande e funzionale metafora, sulla malattia e sul morire. Tommy Dare è praticamente un malato terminale, fa tutta la classica trafila, solo che ciò che lo ha colpito, e che lentamente gli toglie le forze, lo paralizza a letto, e lo uccide, non è un male che si nasconde all'interno del suo corpo, bensì una condizione che si manifesta all'esterno, sulla sua pelle. Tommy morirà presto, ma non è importante il perché o il come, ma soltanto che stia succedendo. E allora come ci si prepara a lasciare la propria vita? Come si fa a staccarsi da tutto ciò che si ha, guardandolo scomparire sotto i proprio occhi, lentamente, e scientemente? Lui non lo scopre, e infatti alla fine si lamenta di non essere ancora pronto, ma forse il fatto è proprio che non si può esserlo, non si è mai pronti. Ci prova però, nel tempo che gli rimane, a mettere a posto tutte le cose storte e a dire addio agli affetti, ma in punto di morte ciò che gli rimane è un corpo pietrificato, un paio di veri amici, un po' di sole, e tutti i sogni e i desideri inespressi.
Una storia piuttosto comune.
Charlie Adlard è diventato il disegnatore di The Walking Dead dopo i primi sei numeri realizzati da Tony Moore, e tuttora prosegue su quella serie, che è diventata anche un po' sua. Joe Casey invece è scostante, appare e riappare, e tutte quelle cose che ha scritto, elencate lassù, non hanno brillato per nulla. In verità sono questi i progetti in cui si dimostra un autore bravo e capace, storie fuori dall'ordinario del fumetto statunitense, come il suo (e di José Ladronn) Hip Flask. L'asciuttezza e rigorosità con cui racconta questa vicenda sono esemplari, mai un momento d'indulgenza, mai la ricerca della lacrima facile, sempre un grande rispetto per il dramma trattato. Dipinge rimanendo fuori dal quadro, ci mette davanti i fatti, nudi e senza commento, e tanto basta. A Tommy si finisce per voler bene anche senza che ci comunichi i suoi pensieri o il suo profondo dolore, lo intuiamo ugualmente dai suoi sguardi e dalle sue soffocate parole. Nel vederlo perdere la sua vita, pagina dopo pagina, si prova pena e commozione, ma Casey stacca sempre nel momento più difficile, vuole che gli occhi siano asciutti e attenti per notare tutto il resto. Ovvero lo sfondo di una società moderna dolorosa e impietosa, una terra affamata di soldi e tragedie, un luogo da cui scappare. E la poesia con cui chiude la storia è l'unico, altissimo momento di compassione per Tommy, quello dove gli viene perdonato di essere soltanto un uomo (da poco). Rock bottom è un termine gergale che significa svariate cose, fra le quali "toccare il fondo". Ma io credo che questa sia la vetta della carriera di Casey, il suo lavoro intimamente più importante.
I disegni di Adlard hanno la stessa semplicità e secchezza dei testi, ma la scelta di un bianco e nero così spoglio abbatte qualsiasi tentativo di creare atmosfera. Notte, giorno, interno o esterno che sia, il mondo è solo una linea nera su un mare di bianco. Non è un problema comunque, non uno insormontabile. La storia di Tommy che non era nessuno, e che verrà ricordato solo per essere diventato di pietra, merita molto più di altre di stare sullo scaffale della libreria, perché poche cose parlano di noi con tanta sincerità.

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