AMERICAN LIFE
Il titolo italiano (?) non vuol dire niente (come al solito), il film non parla di vita americana più di quanto non lo faccia qualsiasi altra pellicola prodotta in quel paese. Piuttosto qui il tema è la famiglia, la maternità, il concetto di coppia riportato alla sua essenzialità. Sam Mendes è un regista in costante crescita, e finora si può dire non abbia sbagliato un passo. Stavolta si cimenta in una storia on the road (Away We Go il vero titolo) e per farlo si finge un filmaker indipendente, girando alla europea, con pochi soldi, mimetizzandosi nella giungla che sta fuori dei confini di Hollywood. La sua impronta rimane riconoscibile soltanto nella scelta della storia da raccontare, quella di Burt e Verona, a cui piomba un bambino nella vita, e che prendono così a girovagare l'America alla ricerca del luogo giusto dove crescerlo. Stupendo tutto il cast, e funzionale la colonna sonora fatta di canzoni affidata ad Alexi Murdoch, una di quelle voci che piacciono tanto nel pop, e che qui svolge un'importante funzione di commento e quasi di coprotagonista. È un film fatto di tappe, città, incontri, scontri, parentesi umoristiche, drammatiche o stranianti, ed un finale molto intenso e poetico. Si nota che sia stato scritto da due giocherelloni della penna come Dave Eggers e (sua moglie) Vendela Vida, nel modo moderno di intendere la coppia, nel taglio intellettuale dei due (bravissimi, meravigliosi) protagonisti, nei dialoghi soprattutto. Mendes ci mette il suo garbo e l'assoluto controllo della parte registica, molto asciutta come sempre, ma capace di fiorire in piccole deliziose inquadrature che spezzano il ritmo. Ecco, quest'ultimo è sempre il problema dei suoi film, ed era la più grave assenza del suo precedente capolavoro Revolutionary Road. Ma qui siamo in un'altra epoca e in un'altra visione del mondo, qui c'è un barlume di speranza alla fine del tunnel, c'è il vero amore.
Da far vedere (insieme a Casomai di D'Alatri) ai ragazzi, alle giovani coppie, a chi intende sposarsi, a chi si appresta ad affrontare questo strano mondo, mano nella mano con il proprio compagno di viaggio. Soli contro tutti.
TRON LEGACY
Lo ammetto, ciò che scrissi qui era troppo entusiastico, ma a mia discolpa posso dire che, potendomi unicamente basare sul trailer e su quegli altri pochi dati, non potevo certo immaginare la pochezza di questa trama. Non dovrebbero esserci molti dubbi sul fatto che vincerà l'oscar per i migliori effetti speciali, perché lo spettacolo visivo che offre è veramente stupefacente ed entusiasmante, si rimane estasiati nell'ammirare certe cose, così come si rimane annoiati ed allibiti di fronte a dei dialoghi e ad una storia così scontati. Il figlio di Flynn entra nel mondo che lui ha creato per ritrovarlo, e qui diventa una specie di Gesù Cristo in lotta contro il male, con citazioni e riferimenti biblici che si sprecano. Dio? La ricerca della perfezione? Tron (il personaggio) che si vede per un paio di minuti? Tron (il film) che diventa Guerre Stellari? Gente che deve salvare il mondo?
Stiamo scherzando?
La sceneggiatura rende vano tutto l'eccellente lavoro di regia di Kosinski, la fotografia di Claudio Miranda, la musica dei Daft Punk e gli effetti speciali della Digital Domain di James Cameron (e anche la simpatica performance attoriale di Michael Sheen, che per una volta non interpreta Tony Blair, evviva!). Abbiamo così l'ennesima riprova che senza una base forte, una storia con la S maiuscola, tutto il resto non può stare in piedi. E tutto ciò alla fine non può che apparire come un immenso spreco.
Peccato.
THE TOURIST
Caro Florian Henckel von Donnersmarck,
io ti ammiro molto (non solo per il tuo meraviglioso nome) sin da quando nel 2006 è uscita una delle opere prime più folgoranti e incredibili degli ultimi anni, il tuo "Le vite degli altri". Era un film che aveva tutto, che smuoveva corde profonde nell'animo ed invitava a riflettere. Un capolavoro insomma. E perciò ora ti chiedo: che cos'è questa roba?
So bene che uscivi da un film difficilissimo e assai drammatico, che ne stai preparando un altro, e che volevi tanto prenderti una pausa, dirigendo qualcosa in completo cazzeggio (scusa il francesismo) ma questo film non ti fa onore. Non lo fa a te e a nessuno di quelli che hanno partecipato. Si salva solo Johnny, perché è un attore di altissima classe, che riesce a destreggiarsi anche in un ruolo così mal scritto come quello che qui deve impersonare. Ed è proprio questo il problema di fondo (ci torniamo ancora una volta, nella stessa pagina): la sceneggiatura. Come hanno fatto tre acuti scrittori come te, Julian Fellowes (Gosford Park) e Christopher McQuarrie (I soliti sospetti) a tirare fuori un Buono tanto stucchevolmente buono, un Cattivo tanto ridicolmente cattivo ("gli uccido anche il medico di famiglia"), e una protagonista femminile tanto anonima e scontata? Angelina ha ammesso di aver fatto il film perché voleva farsi un giro a Venezia, Johnny forse perché voleva conoscere Nino Frassica, non so, comunque mi pare che lo spirito con cui abbiate fatto questo film sia stato quello di una partita a bocce in spiaggia. E si vede caro Flo, si vede eccome. Tutte le parti umoristiche e comiche volte a spezzare la tensione (perché dovresti spezzarla? è un thriller) sono fuori luogo, l'italia fa la solita pessima figura macchiettistica (ti sei dimenticato solo i preti e pulcinella), hai usato Giovanni Esposito (Cazzaniga, lo ricordate?) in un ruolo delicatissimo, e Raoul Bova fa la figura del minchione. Non ce n'era davvero bisogno.
Si salva solo il colpo di scena finale, che è carino, e nulla più, ma che non è neanche merito tuo, in quanto, lo ricordiamo, il film è il remake del francese "Anthony Zimmer". Allora facciamo che ci guardiamo quello, e questo lo dimentichiamo, come una parte poco lusinghiera della tua carriera.
A presto F.H.v.D, al tuo prossimo film, stammi bene e stai lontano da Hollywood e dai suoi giochini, che non ti servono.
TRON LEGACY
Lo ammetto, ciò che scrissi qui era troppo entusiastico, ma a mia discolpa posso dire che, potendomi unicamente basare sul trailer e su quegli altri pochi dati, non potevo certo immaginare la pochezza di questa trama. Non dovrebbero esserci molti dubbi sul fatto che vincerà l'oscar per i migliori effetti speciali, perché lo spettacolo visivo che offre è veramente stupefacente ed entusiasmante, si rimane estasiati nell'ammirare certe cose, così come si rimane annoiati ed allibiti di fronte a dei dialoghi e ad una storia così scontati. Il figlio di Flynn entra nel mondo che lui ha creato per ritrovarlo, e qui diventa una specie di Gesù Cristo in lotta contro il male, con citazioni e riferimenti biblici che si sprecano. Dio? La ricerca della perfezione? Tron (il personaggio) che si vede per un paio di minuti? Tron (il film) che diventa Guerre Stellari? Gente che deve salvare il mondo?
Stiamo scherzando?
La sceneggiatura rende vano tutto l'eccellente lavoro di regia di Kosinski, la fotografia di Claudio Miranda, la musica dei Daft Punk e gli effetti speciali della Digital Domain di James Cameron (e anche la simpatica performance attoriale di Michael Sheen, che per una volta non interpreta Tony Blair, evviva!). Abbiamo così l'ennesima riprova che senza una base forte, una storia con la S maiuscola, tutto il resto non può stare in piedi. E tutto ciò alla fine non può che apparire come un immenso spreco.
Peccato.
THE TOURIST
Caro Florian Henckel von Donnersmarck,
io ti ammiro molto (non solo per il tuo meraviglioso nome) sin da quando nel 2006 è uscita una delle opere prime più folgoranti e incredibili degli ultimi anni, il tuo "Le vite degli altri". Era un film che aveva tutto, che smuoveva corde profonde nell'animo ed invitava a riflettere. Un capolavoro insomma. E perciò ora ti chiedo: che cos'è questa roba?
So bene che uscivi da un film difficilissimo e assai drammatico, che ne stai preparando un altro, e che volevi tanto prenderti una pausa, dirigendo qualcosa in completo cazzeggio (scusa il francesismo) ma questo film non ti fa onore. Non lo fa a te e a nessuno di quelli che hanno partecipato. Si salva solo Johnny, perché è un attore di altissima classe, che riesce a destreggiarsi anche in un ruolo così mal scritto come quello che qui deve impersonare. Ed è proprio questo il problema di fondo (ci torniamo ancora una volta, nella stessa pagina): la sceneggiatura. Come hanno fatto tre acuti scrittori come te, Julian Fellowes (Gosford Park) e Christopher McQuarrie (I soliti sospetti) a tirare fuori un Buono tanto stucchevolmente buono, un Cattivo tanto ridicolmente cattivo ("gli uccido anche il medico di famiglia"), e una protagonista femminile tanto anonima e scontata? Angelina ha ammesso di aver fatto il film perché voleva farsi un giro a Venezia, Johnny forse perché voleva conoscere Nino Frassica, non so, comunque mi pare che lo spirito con cui abbiate fatto questo film sia stato quello di una partita a bocce in spiaggia. E si vede caro Flo, si vede eccome. Tutte le parti umoristiche e comiche volte a spezzare la tensione (perché dovresti spezzarla? è un thriller) sono fuori luogo, l'italia fa la solita pessima figura macchiettistica (ti sei dimenticato solo i preti e pulcinella), hai usato Giovanni Esposito (Cazzaniga, lo ricordate?) in un ruolo delicatissimo, e Raoul Bova fa la figura del minchione. Non ce n'era davvero bisogno.
Si salva solo il colpo di scena finale, che è carino, e nulla più, ma che non è neanche merito tuo, in quanto, lo ricordiamo, il film è il remake del francese "Anthony Zimmer". Allora facciamo che ci guardiamo quello, e questo lo dimentichiamo, come una parte poco lusinghiera della tua carriera.
A presto F.H.v.D, al tuo prossimo film, stammi bene e stai lontano da Hollywood e dai suoi giochini, che non ti servono.
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