domenica 27 marzo 2011

Panoramica a schiaffo

Il crac Parlmalat, con i suoi protagonisti, le sue dinamiche, i suoi risvolti, le sue conseguenze. Come? Esatto, nel film non si parla di ciò che è successo alle migliaia di risparmiatori rimasti fregati dalla finanza creativa di Cragnotti, Tonna e company. La storia rimane sui tre protagonisti Girone, Servillo e Felberbaum (sotto mentite spoglie agevolmente aggirabili) soffermandosi soprattutto sulla parte umana e sulle motivazioni. O meglio, dato che le motivazioni sono facilmente immaginabili, sul processo che ha portato la situazione a peggiorare sempre di più, fino a precludere qualsiasi via d'uscita. Ne emerge un ritratto piuttosto triste del mondo degli affari, e del capitalismo in generale, tanto che chi non è pronto, può persino arrivare a volerla fare finita (storia vera).
In realtà, al di là di tutto, Il gioiellino è un buonissimo film di genere. Uno di quelli che in America fanno un giorno sì e l'altro pure, ma che da noi è ormai più unico che raro. Eccellenze tecniche all'opera e qualità elevata, per un film che avrebbe potuto osare molto di più, ma che è invece rimasto, nonostante tutto, assai provinciale. Comunque, se dopo il giallo de La ragazza del lago, e questo thriller da scrivania, Molaioli si specializza nel fare film di genere, c'è da metterci la firma.
Piacere segreto: scoprire che anche in questa spinosa questione, Berlusconi ha fatto capolino.

Di Rango ho parlato qui, anche perché non basta lo spazio della famigerata panoramica a schiaffo per analizzarlo. È un capolavoro, il miglior film del mese e, per ora, dell'anno. Di gran lunga superiore a molti di quelli che hanno sfilato nelle candidature all'oscar. Questo può spingere ad una riflessione sul fatto che i migliori film attualmente in circolazione siano d'animazione, ma è anch'esso un discorso che richiede più spazio. Qui mi limito a segnalare che alla fine la voce di Rango è stata affidata a Nanni Baldini (Ciuchino in Shrek, Remy in Ratatouille, nonché altri diecimila attori e personaggi in miliardi di film), e non a Fabio Boccanera, come faceva credere il trailer. Per farmi perdonare vi faccio godere dell'arte di Massimo Carnevale a proposito di questo film.
Piacere segreto: la voce dello Spirito del West, che fa capolino ad un certo punto, è di Adalberto Maria Merli. Il che per me equivale sempre e comunque ad un piùpiù.

Frozen è il nuovo horror di Adam Green, che ha diretto parecchi cortometraggi e soprattutto Hatchet, pellicola che aveva ben impressionato. Qui tre ragazzi rimangono bloccati sul sedile di una seggiovia, in una stazione sciistica, abbandonati al loro destino. È un incipit tanto grottesco quanto, indubbiamente, spaventoso. Una di quelle situazioni che possono turbinare nella mente, turbare le salite in funivia, ma da qui a farne un film ce ne passa. C'era il concreto rischio di una porcata, invece Green ha lavorato di raffinatezza, essenzialità, e soprattutto regia. Inquadrature e montaggio sono estremamente dinamici, variando sempre sulla stessa immagine, proponendo un meccanismo più godibile che ansioso. La sceneggiatura ovviamente fa tutto il possibile per allungare la minestra, arricchire gli elementi in ballo, favorire l'identificazione. I personaggi perdono la loro dimensione di semplici pedine del destino, acquistano identità e personalità con il passare del tempo. Diventano tre figure drammaticamente umane immerse in una situazione al limite della sopravvivenza. Anche se, attenzione, rimaniamo sempre nel campo dell'horror. Ed è un esemplare del genere di tutto rispetto, particolarmente crudo, e duro con i suoi "eroi". Un film che non risparmia niente, né a loro né a noi. Un po' Open Water, un po' qualcosa di nuovo.



Anche di Gnomeo e Giulietta ho già parlato qui, e francamente c'è poco da aggiungere. Francesco Pannofino (fermatevi ad ascoltare il suo incontro con Michael Madsen) ha dato voce e anima al personaggio migliore del film: Piumarosa, che già da solo varrebbe il prezzo del biglietto, ma questa cosa dei dialetti dovrebbe scomparire SUBITO da ogni doppiaggio. Per favore.


Su questo film mi ero posto malissimo, potenza di un trailer e di una locandina che sembrano voler vendere uno di quegli stucchevoli e fastidiosissimi triangoli amorosi. E invece non è per niente così. Siamo di fronte ad una pellicola sorprendente sotto più punti di vista. Un lavoro minimale e accuratissimo che ruota attorno a tre personaggi (ancora?!) di rara intensità, e di conseguenza a tre memorabili performance attoriali, anche se Carey Mulligan svetta di gran lunga sopra i malaticci Andrew Garfield e Keira Knightley, divenendo la vera anima dell'opera. Mi viene da inserirlo nel gruppo di cui fa parte Revolutionary Road, ovvero quei film che nascono da opere letterarie talmente belle e importanti che non resta che metterlo in scena e filmare, per avere un capolavoro. Il libro omonimo di Kazuo Ishiguro rivive su schermo con una delicatezza e una passione difficili da immaginare. Lo scrittore di Nagasaki (!) naturalizzato britannico, ha partorito nel 2005 questa storia di fantascienza soft, che parla di clonazione, destino, esistenza, e soprattutto amore. Non lasciarmi è la più bella storia d'amore che si vede al cinema dai tempi di Se mi lasci ti cancello, perché prende il volo, e comincia a parlare di sentimenti e umanità in modo assoluto. La sceneggiatura di Alex Garland, già collaboratore di Danny Boyle, è buona, se non ottima, così come la scenografia di del premio oscar Mark Digby, che negli ambienti di tonalità grigie e pastello, imprime la psicologia dei personaggi. Ma la sorpresa più grande sta certamente nella regia di Mark Romanek, che si esprime in cambi di fuochi, campi lunghi, ritratti in luci soffuse. Questo è un film che si prende i suoi tempi, sia che siano carezzati dalle meravigliose musiche di Rachel Portman, sia che siano riempiti dal silenzio dei ventosi paesaggi delle campagne o delle solitarie spiagge inglesi. Sembra qualcosa di antico, profondamente europeo, e non figlio di un regista di videoclip americano. Anche se stiamo parlando di uno dei migliori, molto diverso dalla genialità di uno come Gondry, ma forse non troppo lontano dai suoi livelli. Basti pensare a questo, o ad uno dei videoclip storicamente più bello, premiato, ed emozionante della storia. Quello qui sotto.



Un film ispirato, profondo, struggente. Un discorso straziante sull'amore, sul male d'amore, sulla natura effimera della vita. Qualcosa che in questi cangianti giorni di passaggio fra inverno e primavera, e fra pensieri di solitudine e tristezza, fa un vero e profondo male al cuore.

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