mercoledì 23 febbraio 2011

I ragazzi stanno bene

Lisa Cholodenko è una lesbica. Il suo primo film: High Art, parla di lesbiche. Ha lavorato per telefilm quali Six Feet Under e The L Word, che se li avete visti sapete di cosa parlano, se non li avete visti ve lo dico io: di gay e lesbiche. Il 4 marzo esce questo suo The Kids Are All Right, e finalmente si parla un po' di lesbiche.
Scherzi a parte, si tratta di una vicenda autobiografica, poiché lei e la sua partner hanno avuto un figlio tramite l'inseminazione artificiale, e in questo film abbiamo l'esatta situazione. Una famiglia composta da due madri e due teen-ager, di cui una fresca diciottenne, in procinto di partire per il college. La "quiete" familiare viene turbata quando i ragazzi decidono di mettersi in contatto con il donatore di sperma delle madri, per scoprire chi sia il proprio "padre" biologico. Costui è un libertino scanzonato e fascinoso, e la sua influenza avrà un effetto diverso su ognuno dei personaggi, così come loro contribuiranno a cambiare la sua vita.
La dote del film sta indubbiamente nel fatto di sapere ciò di cui si parla, la regista (e sceneggiatrice), costruisce due protagoniste non stereotipate e realistiche, che Annette Bening e Julianne Moore, dalle grandi attrici che sono, riescono a rendere molto bene. Il loro rapporto ci viene presentato senza il filtro del microscopio o del documentario, non vengono studiate come strane creature. Sono lesbiche e hanno dei figli, proseguiamo, e addentriamoci nel loro rapporto "matrimoniale". Sì perché aldilà della non convenzionalità dei soggetti, il film parla del matrimonio, delle difficoltà quotidiane, della crescita dei figli e della perdita di controllo su di essi, dell'amore che vaga, si mimetizza e si trasforma. La figura di Paul (un Mark Ruffalo efficace, ma da qui a strapparsi i capelli ce ne passa...) funziona da agente scatenante per far emergere i conflitti già presenti. In alcuni casi aiuta, in altri disturba (anche in modo grave), ma il senso finale è che non ci sono strade giuste, o formule corrette da seguire, se non l'impegno quotidiano, perché l'amore, sotto sotto, è sempre il motore.
La trama e gli obiettivi della pellicola sono notevoli e interessanti, i modi un po' meno. La famiglia moderna di Nic e Jules è standardizzata in un modello di valori e sentimenti buonisti e stucchevoli. Fanno parte di una categoria di illuminati benpensanti, educati, salutisti e perfetti, che può avere la pretesa di essere credibile soltanto in un paese ipocrita come l'America. La figura di Paul, che va in moto, non ha una relazione stabile, ed è un dichiarato ignorante, non viene nemmeno portata fino in fondo come contrasto. Perché anche lui si dimostra sensibile, con la testa sulle spalle, saggio oltremodo, nonché irresistibile a qualsiasi donna. Gli elementi da commedia brillante si contano sulle dita di una mano, mentre quelli drammatici e nervosi si susseguono. È presente una continua tensione, una continua isteria che invece di affiorare nelle scene madri, resta sempre a galla, rendendo i personaggi, dopo un po', difficilmente sopportabili. Va in scena la frustrazione della crisi della coppia borghese, che si consuma fra calici di vino, lenzuola, e lacrime da actor studio. Azioni sconsiderate, rapporti lasciati a metà,  dialoghi che con la scusa di essere "realistici" non portano da nessuna parte. Una partitura dispersiva e molto poco significativa. Un film con delle idee ma senza una direzione, con degli attori e non dei personaggi, e tanta, troppa enfasi su dei problemi che a molti, in questo momento, piacerebbe avere. Il vuoto, modello americano. Però chic e "impegnato"... Bah.

Sì lo so, ho messo troppe virgolette

Dal 4 marzo al cinema.

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