martedì 8 febbraio 2011

Torno a casa a piedi


Chi afferma che la musica italiana sia morta (come quelli che lo sostengono per il cinema), esplicato brutalmente: dice una stronzata. Se invece vogliamo esprimerlo in modi più sottili, mettiamola così: non ha rispetto per i tanti giovani e meno giovani che ogni giorno con i loro progetti ed il loro lavoro, invece di stare immobili a lamentarsi, tentano di cambiare lo stato delle cose, proponendo, sperimentando, impegnandosi. Basta guardarsi attorno per rendersi conto di quanti abbiano fatto di necessità virtù in questi tempi difficili, dove bisogna lottare per guadagnarsi anche solo un piccolo spazio. Se la bellezza non si trova più nella musica popolare delle radio, come accadeva con il santo Battisti, ora va cercata negli angoli più riparati e all'oscuro, nei campi dell'alternative, delle autoproduzioni, dei piccoli festival, oppure delle personalità che rifuggono i principali eventi con i riflettori puntati. Il buon Davide ci aveva segnalato il disco della sempre attiva e attenta Antonella Ruggero, che ormai da parecchi anni si sta dedicando ad un tipo di musica più nascosta e ricercata, ed io oggi voglio parlare di un'altra nostra importante ma poco nota cantautrice, Cristina Donà.
Dal 1991 al 2011 fanno vent'anni di carriera per questa donna che suona, scrive, compone e canta divinamente. Di cose ne sono successe da quando emerse dall'ombra degli Afterhours, sospinta dalla mano premurosa di Manuel Agnelli, che convogliò il suo innato talento in un disco che tutti dovettero di colpo voltarsi a guardare sentire: Tregua. Dopodiché si sono susseguiti altri successi, in patria e soprattutto all'estero (dove sono sempre molto più attenti di noi ai nostri bravi artisti), e altri uomini illuminati, capitolati ai suoi piedi, che hanno con determinazione voluto portare le sue parole e la sua arte a chi ancora non la conosceva, come Mauro Pagani, Robert Wyatt, Davery Ray Moor, Peter Walsh e infine Saverio Lanza, con il quale ha scritto le musiche per questo nuovo album. Sono stati anni di concerti, viaggi, nascita di amicizie e svariate collaborazioni. Una delle canzoni ad esempio, Più forte del fuoco è dedicata a Niccolò Fabi per la scomparsa di sua figlia, ed è stata scritta dopo la partecipazione della Donà al concerto benefico "Parole di Lulù" tenutosi l'anno scorso. Ma non c'è stata solo la carriera a riempire la sua vita in questo periodo, ci sono un marito (lo scrittore e giornalista Davide Sapienza) a cui è dedicata Un esercito di alberi, e un figlio a cui è dedicata Bimbo dal sonno leggero.
Non è un album sdolcinato però, non somiglia a nient'altro della cantautrice, sembra anzi un suo lato che finora ci era precluso, forse l'inizio di un nuovo percorso. È un disco profondamente italiano, quasi tradizionalista. Lanza ha buttato nel calderone una miriade di suoni, piovuti sui testi della Donà come una cascata, che si è adattata perfettamente sullo splendido timbro della sua morbida voce. Dall'orchestra con violini, trombe e tromboni fino al synth, passando per chitarra, arpa e sassofono, creando sostanzialmente un paesaggio di piacevole allegria, come il primo singolo Miracoli, che inizia scherzando con le orecchie, e che fa sorridere il cuore. Un album solare, che anticipa l'estate e la voglia di cantare, parlando della quotidianità, di piccole cose, senza prendersi troppo sul serio. Un esempio meraviglioso è Giapponese (L'arte di arrivare a fine mese), un qualcosa che da parecchio tempo non si sentiva.





Il mondo di Cristina, anche se rimangono le sue storture e bruttezze, non era mai stato così colorato e ironico. Ma Torno a casa a piedi, che dà il titolo all'album, è uno dei pochi brani tutto fuorché allegri, come se anche in questa visione positiva e ottimistica della realtà fosse inevitabile una piccola scia di malinconia.
Dieci canzoni più un fantasmino finale in coda: Ninna Nanna, per i suoi bambini. Dieci piccole gemme, nessun riempitivo, 40 minuti, come i dischi di una volta. Torno a casa a piedi è un disco di una bellezza a cui non ero davvero preparato. Rihanna? Valesse una briciola.
Riccardo Bertoncelli ha centrato come sempre (qui) l'obiettivo: "Senza ironia, io l'avrei portata in un posto come San Remo, per strillare a voce alta che in Italia questo semplice grande artigianato sonoro esiste ancora e verificare se davvero non interessa più a nessuno."
Puro vangelo.

1 commento:

  1. eeh manco da un po...allora faccio che commentare prima di leggerlo, ora leggiamo.....oh diofa è l'una, duma a dorme sarà per la prossima volta

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