sabato 19 febbraio 2011

Il Cigno Nero

Nero, bianco, musica de Il lago dei cigni di Cajkovskij. Il pianosequenza che segue, e che fa da incipit, è di per sé splendido, e funge anche da simbolico riassunto dell'intera vicenda. Ma quando Nina (Natalie Portman) si sveglia, scopriamo che si tratta di un suo sogno. Perciò ancora non lo sapevamo, ma la discesa è già iniziata. L'ossessione che divora lei e tutto ciò che la circonda per il resto del film parte da questo piccolo segnale, e dilaga in modo inaspettato e incontrollabile. Come in The Wrestler la macchina da presa (calata nella fotografia grezza e sgranata di Matthew Libatique) segue un corpo non più massiccio, anzi quasi scheletrico, ma ugualmente ferito e martoriato dagli eventi, in un percorso difficile, in una città cupa e impietosa. La colonna sonora di Clint Mansell spazia dalla rielaborazione della musica originale a creazioni proprie di grande impatto, delicatezza, o partecipe accompagnamento. Il compositore scoperto da Aronofsky si rivela ancora una volta formidabile nella varietà e nell'espressività dei temi.
Nina lavora sodo per essere la migliore all'interno della compagnia di balletto di Thomas Leroy (VIncent Cassel), e dopo il ritiro della prima ballerina Beth (Winona Rider) vede spalancarsi le porte del successo. Arriva però un'altra talentuosa ragazza, Lilly (Mila Kunis) con la quale entra in competizione, e inoltre Leroy non si dimostra quello che credeva. Sua madre (Barbara Hershey) è un grande aiuto per lei, ma il fatto che sia una ballerina fallita per aver preferito la gravidanza alla carriera, la rende frustrata e maniacale nel gestirne la vita. Un'esistenza completamente dedicata al balletto, senza compromessi, tanto da essere rimasta infantile sotto qualsiasi altro aspetto. La ricerca di perfezione porta Nina a provare e riprovare acquisendo un livello tecnico eccelso, ma Leroy per la parte del cigno nero vuole passione, anima, e sesso. Una componente questa, fondamentale nel personaggio, e di conseguenza nel film, che per l'abbondanza di scene spinte si è meritato il divieto per i minori di 14 anni. Passare dal lato candido a quello oscuro non sarà facile per Nina, sarà fonte di uno stress che le logorerà i nervi fino a farle perdere la concezione della realtà. Nel combattimento contro sé stessa tutti diventano nemici, e si profila all'orizzonte l'amara fine di Beth anche per lei.
Così sembra che io abbia raccontato tutto, ma in realtà non è proprio niente. Aronofsky ha girato un film sul balletto classico, ispirato, potente e ricco di suggestioni, ma anche un formidabile thriller psicologico che si tinge di horror, e che non risparmia acute riflessioni psicanalitiche. Intensissimo e appassionante, Black Swan riesce ad essere allo stesso tempo raffinato e sporco. Si agita mentre rimane immobile tutto attorno alla figura tragica di Natalie Portman, che lo domina e lo percorre subendo e incassando fino alla inquietante e memorabile trasformazione finale. Al contrario di The Wrestler, dove Randy "The Ram" era un personaggio maturo e fortemente vitale, e dove tutto il film era permeato da una grande umanità, in questa pellicola non c'è nulla di umano. L'ambizione di Nina, la sua ossessione, raggiungono contorni mostruosi non solo metaforicamente, il suo personaggio non comunica, e reagisce all'oppressione chiudendosi in camera e rifugiandosi nella danza. Nell'ossessione stessa, ed è un circolo vizioso dal quale non c'è via d'uscita. 
Randy affronta il suo destino con convinzione, cercandolo. Sa quali sono gli effetti dell'abbandonarsi all'urlo della folla, e decide di proseguire lo stesso. Nina è solo vittima inconsapevole, prima di tutto il resto, di sé stessa. Il fatto che sia così giovane fa pensare alle tante ragazze di oggi, impegolate nei mondi competitivi dei concorsi di bellezza, delle moda, dello sport, anche del cinema.
La luce dei riflettori è un abbaglio che porta via tutto, in cambio della vana illusione di poter ambire alla perfezione.
La scelta di trattare un tema del genere con un film disturbante, violento e morboso è stata sicuramente vincente. E non solo nelle intenzioni, ma anche nell'effettivo risultato, davvero sorprendente. La dote migliore de Il cigno nero infatti, piaccia o non piaccia, è l'originalità.
La stupenda sceneggiatura di Andres Heinz, Mark Heyman e John J. McLaughlin era nelle mani di Darren Aronofsky già nel 2000, ma prima di per realizzare questo progetto ha dovuto faticare non poco, e affermarsi in modo importantePer quanto mi riguarda, con questo viaggio oscuro nei labirinti di un amore deviato, è definitivamente entrato nella lista dei "registi da seguire".


1 commento:

  1. Tutto vero...tranne una piccola questione...L'originalità..!
    Aronofsky è senza dubbio un regista da seguire e scoprire e l'originalità dei suoi film precedenti è evidente, chiara, forte... Ma qui, per quanto bello o non bello, per quanto possa piacere o non piacere, L'originalità non riesco a vedercela... I temi trattati non sono originali, l'ossessione non è originale, il thriller non è originale, la danza e soprattutto una balletto come questo non sono originali... Certo, la componente psicanalitica è forte, ma la riflessione che se ne ricava non è complessa e tanto meno innovativa..Ci avremmo riflettuto anche senza il film insomma..
    Comunque bella recensione e speriamo che il sacro Aronofsky continui a farci innamare di lui!!

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