martedì 22 febbraio 2011

Un gelido inverno

Sebbene sia stato definito nelle maniere più disparate, Un gelido inverno non è nient'altro che un giallo, con tendenze al thriller, se vogliamo... ma siamo sempre nello stesso territorio. Perché gli elementi sono quelli tipici: un oggetto/persona da trovare (in questo caso una vittima, in altri un colpevole); un/una protagonista che segue le sue tracce; e l'indagine vera e propria. Il primo è Jessup Dolly, un piccolo produttore e spacciatore di metanfetamine, un'attività che sembra piuttosto comune sull'Altopiano d'Ozark, nel Missouri, dove vivono lui e la sua famiglia. L'uomo finisce in galera, ma garantisce come cauzione la sua proprietà, peccato che poi sparisca, e che se non si presenti in tempo in tribunale, la casa verrà confiscata dalla polizia. Qui subentra il secondo agente, sua figlia Ree, la quale, dopo il cedimento di sua madre in seguito ad un crollo nervoso, è l'unica in grado di prendersi cura dei suoi due piccoli fratelli. Ha una settimana di tempo per scavare nelle losche conoscenze di Jessup, e inevitabilmente nella sua figura di padre, prima che lei e il resto della sua famiglia vengano mandati a vivere per strada. E questa, in definitiva, è l'indagine.
Nonostante sia presente un fattore di tempo, non si tratta di un film frenetico, adrenalinico. Niente pazze corse e salti sui tetti di un taxi. Debra Granik adatta il libro di Daniel Woodrell stando attenta, prima di tutto, all'espressività delle immagini. Trasforma le parole in luoghi, veri e palpabili, con una resa talmente realistica da far pensare in alcuni casi al documentario. Lo scenario di desolazione di quella profonda provincia sperduta, il degrado di quello stile di vita, il grigiore sulla terra e sui volti di chi la abita, sono le suggestioni che condizionano la visione, e l'andamento della storia.
La delicatezza del viso di Jennifer Lawrence è l'unico e fortissimo constrasto con l'atmosfera apocalittica di quegli ambienti, l'unica parentesi di bellezza. Nei suoi occhi decisi e nella sua tenacia sta l'unica nota di speranza del film. Per una strana coincidenza, ecco un'altra storia di grinta con una giovane protagonista, che non si arrende alla morte o meno del padre.
Quest'indagine che compone il giallo però, incontro dopo incontro, non evolve. Ree non fa alcun progresso nella ricerca, eppure il film cresce d'intensità. Il perché è riscontrabile nella deriva drammatica degli eventi, nello sguardo che, senza spostarsi, si affina sui rapporti umani, personali, familiari. Nella maggior introspezione. Piano piano vediamo formarsi un carattere duro come la roccia, che anche solo grazie alla sua dimostrazione di forza riesce a far muovere le acque. Nel rendere tutto ciò Jennifer Lawrence è semplicemente incredibile. Giustamente candidata all'oscar (e vincitrice al TFF e al Sundance) così come il film, di cui costituisce il corpo e l'anima, cupa e allo stesso tempo coraggiosa.
Questo è un giallo, che come tutti i migliori esponenti del genere, riesce ad essere molto, molto di più.
Per quanto riguarda l'edizione italiana, Winter's Bone ha un senso, in quanto le ossa centrano. Un gelido inverno invece no. Ma essendo che è anche la traduzione scelta per il libro, dovremmo prendercela per primi contro l'industria libraria (firulì firulà). In secondo luogo voglio menzionare la doppiatrice di Ree: Alessia Amendola (figlia di Claudio e nipote di Ferruccio) che è stata bravissima (ma in effetti è ormai una veterana). Si vede che nella sua famiglia il talento ha saltato una generazione.

Nessun commento:

Posta un commento