domenica 19 dicembre 2010

Panoramica a schiaffo

Ovvero una panoramica su alcune delle ultime uscite di questo freddo periodo, con una condizione ben presente: dire il più possibile di un film parlandone il meno possibile.
Un giochino, ispirato alla guida di ViviMilano curata da Pezzotta e Mazzarella, DOPO essere stati al cinema, e non PRIMA, come in quest'altro giochino.

Il film più divertente e spiritoso di Miyazaki, costruito anche con il gusto della gag, pure se in mezzo ci sono cose terribilmente serie come il Fascismo e la guerra. Potrebbe essere l'unica sua pellicola dove ad essere protagonista non è una ragazzina, ma invece anche qui, piano piano, Marco Pagot, asso dell'aviazione misteriosamente divenuto un maiale, viene messo in secondo piano dalle donne. È comunque un figlio atipico del maestro Giapponese, in trasferta fuori della sua terra e della sua epica. Emergono il suo anarchismo, il suo lato politico ("meglio porco che fascista") e avventuroso, e ritornano le sue storie d'amore, di riscatto, il suo mistero, la fantasia e la sua poesia. Spettacolare e modernissimo, un altro dei suoi capolavori riscoperti troppo tardi. Non bastano poche parole a descriverlo, e nemmeno tante. Va visto.

La cosa migliore sono i titoli di testa, perché sono proprio belli, e perché tutto il resto è così così. Un film di genere (noir) che ondeggia e fluttua senza né alti né bassi, per tutta la sua durata niente di memorabile o deprecabile. Buoni gli attori, buono tutto, tranne qualche momento straniante e non proprio riuscito. Il problema è che con il materiale che aveva alle spalle, avrebbe dovuto spaccare di brutto, sfondare la poca visibilità e imporsi. Anche come cult. Invece rimane nella sua mediocrità, e verrà ricordato solo per le scene brutali in cui le due protagoniste vengono malmenate. Ed è tutta colpa del regista.




Delizioso, tutto qui. Piacevole come la visita di un vecchio amico, un sorriso beato di tranquillità. Inutile rimproverare ad Allen di ripetersi,  la reiterazione dei suoi temi, la fiacchezza delle storie o il già visto delle sue ossessioni. Inutile anche consigliargli di prendersi una pausa dal fare un film all'anno, ridicolo poi dargli consigli di sceneggiatura. Insegnare a scrivere a lui? Siamo seri...
Si è guadagnato il diritto di fare quello che vuole, i suoi film non danno fastidio, in nessun modo, guardandoli ci si abbandona a visioni così raffinate che altri possono solo sognare. Se ogni tanto sfiora il capolavoro (Match Point) bene, ma lui non ha comunque più niente da dimostrare. Qui c'è la storia che voleva proporci, è bella, ben diretta e corretta, e c'è anche uno sforzo registico nuovo e impegnativo, che non ci era dovuto. C'è l'aggiornamento ai tempi moderni, il ritratto acuto e pungente della società di oggi, e un lavoro splendido con gli attori. C'è persino una morale, una riflessione sull'ineluttabilità del mistero della nostra vita (vite?), e non si ha mai la sensazione di aver buttato i soldi. Cosa volere di più? Perché pretenderlo da lui? È oro, di questi tempi, chi non lo capisce faccia come vuole, ma abbia rispetto.

Una vera merda. In ogni sua parte, ma in particolar modo nella sceneggiatura. I personaggi piangono tutti, sempre, non agiscono spinti da motivazioni, ma da ridicole convenzioni melodrammatiche. Di Lennon non c'è niente, zero. Al suo posto un bulletto rissoso e strafottente, stupido e insopportabile. Fra tutte le cose in pieno fermento in quell'irrequieta giovinezza, il film si arena nelle parti più inutili, o comunque talmente insondabili da non poter avere la certezza di essere la verità. Romanzare così una biografia rende del tutto inutile il suo scopo. Ridicolo.



Il feticcio elettronico di Will Ferrel recita meglio di lui. Il film infatti, già dal titolo mette al centro il personaggio Megamind, con gag soprattutto facciali, corporali, comportamentali, e raggiunge altissime vette tecnologiche nell'evoluzione della recitazione degli attori digitali. Sebbene la Dreamworks rimanga sempre ad anni luce dalla Pixar (con un colossale ritardo sul tema rispetto a Gli Incredibili), sta dimostrando impegno e voglia di migliorarsi già dal precedente (e migliore) Dragon Trainer. E ciò avviene sia nel campo tecnologico che in quello della storia, che è originale, davvero, e inaspettata. Tutto finisce a tarallucci e vino come al solito, e lo spessore rimane sempre e comunque soltanto sfiorato, ma ciò che viene prima è una riflessione non banale su bene, male, destino e tutta questa roba qui. Ci sono strizzate d'occhio ai supereroi (non capite dall'edizione italiana: Fortezza Solitaria invece che Fortezza della Solitudine, ma son quisquillie) e citazionismo sfrenato, come marchio di fabbrica. Lo scopo di questi prodotti, com'è noto, è intrattenere e far ridere senza impegno, e ancora una volta ci riesce. Però... se solo ci fosse un po' più di coraggio... le possibilità anche a questi signori non mancherebbero. Peccato.
Per la cronaca il 3D è inutile, si gode perfettamente anche alla vecchia maniera. E secondo me potrebbe essere il primo segno che questa cazzo di moda stia cominciando a mostrare la corda. Ormai ci siamo resi conto che non si entra in un altro magico mondo, e se non si sa cosa farne (vedi Coraline) ha i suoi limiti.
Ma torneremo a fare una più profonda riflessione sul 3D nel prossimo aggiornamento. Stay Tuned (che mi dicono faccia molto figo)

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