sabato 6 novembre 2010

La nuova frontiera

Eccoci arrivati, del resto era prevedibile. Mi scusino altre pertiche dell'alpinismo per averle bruscamente scavalcate, ma credetemi ho buoni motivi! Per chi non l'avesse ancora intuito, si parla di Reinhold Messner. Massì, inutile presentarlo. Il barbuto altoatesino è tutt'oggi il più celebre dei galeotti ad aver affrontato i più svariati monti della terra. Profondo conoscitore della filosofia e della sua vocazione, ha scritto alcune delle pagine più importanti dell'alpinismo: nella collezione spiccano ovviamente le insuperate imprese himalayane (fu il primo a conquistarne più di quattordici vette), la terribile tragedia vissuta durante la spedizione del Nanga Parbat, la stupefacente prima ascesa del monte Everest senza l'uso delle bombole d'ossigeno. Bene, breve ripasso effettuato.
Dal lato narrativo, Messner ci delizia con una serie prodigiosa di libri; incolla a se l'interesse dei molti, sia con la penna che come oratore di numerose interviste e conferenze.
Uno in particolare, però, rintengo sia la sua gemma. Reinhold Messner opera il suo mestiere in un punto cruciale della storia alpinistica. E' la fine d'un era, le Alpi sono state, diciamo, tutte vinte. Non c'è pendio, sentiero o parete che non abbia attirato a se l'attenzione dei temerari, l'alpinista si ritrova mendicante d'impresa, privo del motivo principale che lo sprona all'avventura. Siamo agli inizi degli anni '70 quando un nuovo spirito d'intesa dei valori sconvolge gli animi della gente, dei giovani. Il cruciale '68. Accade infatti, che anchel'alpinismo viene rivoluzionato da una nuova arrampicata, il free-climbing. Parliamo di quello che tutti oggi intendono "arrampicata libera", un nuovo modo di vivere il verticale, introdotto direttamente dai grandi scalatori americani che esercitano sul granito dello Yosemite. E' una tecnica affinata, arriva un nuovo tipo di materiale, che comporta un incremento incredibile delle possibilità di affrontare "l'impossibile". Quello che fino a ieri era insuperabile, oggi viene giocato sulla sicurezza dei chiodi ad espansione, ma anche sui piedi poggiati su "comodissime" staffe, quando la roccia si fa troppo scivolosa. E' questione di poco tempo che venga riconosciuto il settimo grado, la nuova frontiera che chude finalmente quello che troppi anni era stato la massima difficoltà raggiunta sulla scala Welzembach (classificazione delle difficoltà alpinistiche su roccia che va dal 1° grado "facile" in poi, idealizzata dal tedesco Willy Welzembach). le polemiche non mancano, Messner è ancora agli inizi di una grande carriera, molto giovane e protetto dalle sue Dolomiti, inizia un magnifico approcio che lo renderà un arrampicatore eccellente. Ispirato dai grandi del passato, quali Paul Preuss e Hermann Bhul, Messner sposa la nuova arrampicata sportiva, rammentandosi però delle antiche filosofie volte a non invadere la montagna con ogni diavoleria metallica che ne permetta il superamento. Il ripudio agli artefatti umani, viene ampliamente argomentizzato nello storico articolo pubbliato nel 1968 sulla Rivista Mensile del Cai, sotto lo spietato titolo:" L'assassinio dell'impossibile". La carriera da climber, tuttavia, doveva essere stroncata dalle amputazioni avvenute in seguito alle losche esperienze in Himalaya; ciò non lo fermò, tuttavia, dal prendere posizione definitiva su quella che doveva diventare il futuro dell'arrampicata libera. Nasce così il libro. Settimo Grado, è un resoconto personale, scrive l'autore: « le mie esperienze, così come man mano le ho trascritte, completate da articoli di giovani arrampicatori, danno vita a questo libro e cercano di trasmettere la gioia di vivere dell'arrampicatore estremo». Oggi, tutti coloro che vivono la montagna, sono favorevoli al settimo grado, così come all' VIII, al IX e ormai al decimo. Ma se tanto giustamente i numeri avanzano, è bene ricordarsi dell'essenza per cui oggi vivono. Questo libro ne tiene conto.
Buona lettura!!
Settimo Grado di Reinhold Messner De Agostini editori pubblicato il 1979

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